Scattate anni fa in Marocco, appunto, queste fotografie rivivono ora come “esplorazioni” (“repérages”) di luoghi lontani e fuori dal tempo, in una riflessione personale più ampia, che parla della condizione umana.
Addentrandosi in quei paesaggi il fotografo ripercorre le orme di un viaggio pasoliniano, quello compiuto dal regista per trovare le ambientazioni più consone al suo Edipo Re; un film caratterizzato dal tema dell'indagine e da una ricerca che a poco a poco si delinea inequivocabilmente come “ricerca di sé”.
A rimarcare la scelta di un viaggio introspettivo, e di Pasolini come nume tutelare e guida, Luca Cappellaro pone a introduzione delle proprie fotografie, a mo' di chiave di lettura, i due versi conclusivi di un componimento del poeta e regista, emblematicamente intitolato “Frammento alla morte”. Parole in cui affiorano echi di nostalgia e di emozioni contrastanti, che si ricompongono in un ritorno; frasi in cui ampi spazi desertici e calcinati alludono alla ricerca di una pace in se stessi, e al miraggio di un'Africa mitica ed originaria, alternativa.
Il fotografo, dal canto suo, guarda alle immagini di un tempo come chi torna sui suoi passi cambiato dalle sue esperienze di vita, e le vede con occhi nuovi, spalancati da un tempo di cesura inattesa della routine quotidiana, da una contingente perdita dei ritmi consueti e di quei punti di riferimento, che fino allora per tutti avevano rappresentato una sicurezza scontata. E in quei paesaggi del Marocco si addentra per ri-scattarli, alla luce di un desiderio di ritrovare qualcosa di sé per riconnettersi diversamente alla propria esistenza, in un'immedesimazione col messaggio pasoliniano.

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